#LILIPSY by Fabrizio Di Girolamo
Alla scoperta della Psiconeuroendocrinoimmunologia.
Un nome impronunciabile e complicato per una disciplina che unisce mente e corpo.
Potevano scegliere un nome più corto? Sì. Potevano scegliere un nome più altisonante? No. Perché diciamoci la verità, dire a qualcuno di studiare la Psiconeuroendocrinoimmunologia è veramente figo. Ma cos’è la Psiconeuroendocrinoimmunologia?
La P.N.E.I. (almeno hanno inventato un’abbreviazione) è una disciplina che studia le relazioni bidirezionali tra psiche e sistemi biologici. Nella P.N.E.I. convergono, all’interno di un unico modello, le conoscenze acquisite a partire dagli anni Trenta dall’endocrinologia, dall’immunologia e dalla neuropsicologia.
Da dove nasce?
Beh, inizialmente si pensava che la psiche, il sistema immunitario e il sistema endocrino fossero 3 aspetti del nostro organismo che non avessero nulla a che fare tra loro. In realtà nel corso degli anni, furono numerose le evidenze che permisero di scoprire una fortissima relazione tra mente e corpo, in particolare tra stato psichico e sistema immunitario.
Alla fine degli anni ’30 del secolo scorso, sorsero numerosi studi che dimostravano che lo “stress” (inteso come reazione ad uno stimolo avversivo prolungato nel tempo) può essere attivato da fattori fisici, infettivi, psichici. Insomma, indipendentemente dal tipo di agente stressante, si dimostrò che lo stress attiva una reazione neuroendocrina e neurovegetativa che libera ormoni e neurotrasmettitori dalle ghiandole surrenali. Questa reazione è autonoma e indipendente e avviene normalmente in ognuno di noi. Tutto ciò ha ovviamente una funzione evolutiva: per scappare di fronte al pericolo abbiamo bisogno di riflessi e muscoli pronti, quindi di adrenalina.
A metà degli anni Settanta, il fisiologo tedesco Hugo Besedovsky dimostrò che la reazione di stress (con relativo aumento della produzione del cortisolo da parte delle surrenali), oltre a peggiorare e catalizzare le reazioni “psicologiche” verso lo stress (rabbia, aggressività, cattivo umore, depressione, bournout), causa anche una soppressione della risposta immunitaria. Fu stabilito così il primo collegamento biologico tra cervello, stress e sistema immunitario che però, fino ad allora, si pensava essere unidirezionale.
Nella seconda metà degli anni Ottanta, il fisiologo statunitense Edwin Blalock dimostrò che i linfociti (le cellule fondamentali del sistema immunitario) posseggono dei recettori per gli ormoni e i neurotrasmettitori prodotti dal cervello e che, al tempo stesso, producono ormoni e neurotrasmettitori del tutto simili a quelli cerebrali.
Venne così dimostrata per la prima volta la comunicazione bidirezionale tra cervello e sistema immunitario.
Gli anni Novanta hanno visto una crescita significativa degli studi sulla neurobiologia delle emozioni. La disregolazione del sistema dello stress da parte di traumi ed eventi stressanti in genere, altera potentemente l’assetto e il funzionamento del sistema immunitario. Se nel breve periodo, il cortisolo, l’adrenalina e la noradrenalina (catecolammine) hanno un effetto tonificante anche sull’immunità, nel medio-lungo periodo, queste sostanze collocano la risposta immunitaria su una posizione inadatta a combattere virus e tumori.
Questo significa che le persone stressate, ansiose e con un “alto livello di attivazione”, hanno maggiori probabilità di sviluppare altre patologie che possono ricondursi a deficit del sistema endocrino/immunitario!
Con la P.N.E.I. insomma viene a profilarsi un modello di ricerca e di interpretazione della salute e della malattia che vede l’organismo umano come una unità strutturata e interconnessa, dove i sistemi psichici e biologici si condizionano reciprocamente. Ciò fornisce la base per prospettare nuovi approcci integrati alla prevenzione e alla terapia delle più comuni malattie, soprattutto di tipo cronico e, al tempo stesso, configura la possibilità di andare oltre la storica contrapposizione filosofica tra mente e corpo nonché quella scientifica, novecentesca, tra medicina e psicologia, superandone i rispettivi riduzionismi, che assegnano il corpo alla prima e la psiche alla seconda.