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Cos’è l’Intelligenza?

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#LILIPSY by Fabrizio Di Girolamo

Cos'è l'Intelligenza?

Un concetto psicologico tutt'ora di difficile interpretazione, ma che viene spesso utilizzato nel linguaggio quotidiano, anche erroneamente.

L’Intelligenza è legata alla cultura? Coinvolge un’unica abilità o è l’insieme di più capacità? Può essere migliorata? Ma, più in generale, cosa significa essere intelligenti?

Per gli abitanti delle isole del Pacifico, intelligenza può essere sinonimo di abilità nella pesca e nella navigazione. Per un venditore o un manager può consistere nelle abilità sociali.

Per un musicista la capacità di imparare un brano e saperlo suonare, o la qualità compositiva, etc… Alcuni ricercatori tuttavia vedono l’intelligenza come quella/e abilita’ cognitive di base che aiutano a risolvere I problemi in qualunque ambiente o circostanza.

L’intelligenza è definita da Stern come la capacità generale di adattare il proprio pensiero e la propria condotta di fronte a situazioni nuove. Una definizione alternativa dovuta a Claparede afferma che l’intelligenza è la capacità di risolvere con l’aiuto del pensiero dei problemi nuovi. Altri autori (come Wertheimer, Kohler) sottolineano che l’intelligenza permette di ristrutturare i dati di un problema o di una percezione: l’atto intelligente sarebbe quindi espressione di una capacità di ridisporre e riordinare degli schemi in modo alternativo. Insomma, ognuno vede l’intelligenza in maniera diversa.

 

Lo studio dell’intelligenza è un argomento molto complesso, per la mole di ricerche e approcci teorici che si sono dedicati a questo costrutto.

Due sono i punti salienti del dibattito teorico attorno al concetto di intelligenza:

A) il primo problema riguarda la sua genesi e vede contrapporsi i sostenitori dell’influenza dell’ambiente, nel determinare le capacità intellettive, e i sostenitori dell’ereditarietà;

B) il secondo punto si concentra su contenuti dell’intelligenza, con da un lato gli studiosi che la considerano un fattore globale, vale a dire un’unica capacità responsabile di tutti gli “atti intelligenti” dell’individuo, e dall’altro ricercatori che suggeriscono la possibilità dell’esistenza di fattori specifici caratteristici di diverse abilità cognitive.

Per rendere ragione della sua complessità, possiamo introdurre l’argomento dell’intelligenza attraverso un excursus storico-scientifico che vede contrapposte teorie di diversa estrazione paradigmatica. Nel corso del ‘900 sono stati sviluppati svariati approcci teorici (e anche non-teorici) per la definizione e la misurazione dell’intelligenza, che in generale si dividono in due correnti fondamentali accennati precedentemente:

-Intelligenza come singolo fattore globale (fattore g.);

-Intelligenza come insieme di abilità.

 
 

Per sapere cos’è l’Intelligenza, prima dobbiamo saperla misurare correttamente. I primi studi scientificamente fondati riguardanti l’intelligenza (escludiamo gli studi di Galton, cugino di Darwin, influenzato eccessivamente da evoluzionismo, ereditarietà, adattamento all’ambiente ed incline al razzismo) risalgono all’inizio del XX secolo, con Stanford e Binet (1916) che costruirono la prima scala per la misura dell’intelligenza in ambito scolastico. Essa fornisce una valutazione complessiva data dall’età mentale del bambino confrontata con la sua età cronologica, per indicare quanto la prestazione risulti inferiore o superiore a quella del campione di soggetti coetanei.

Questo approccio però parte da una definizione a priori del costrutto di intelligenza, cui segue operativamente una serie di prove per valutarlo e renderlo parametro di confronto.

Il vuoto della misurazione dell’adulto viene colmato negli anni ‘30 dagli studi di Wechsler che pubblica nel 1955 la sua W.A.I.S (Wechsler Adult Intelligence Scale) e che ha portato parallelamente alla messa a punto anche della scala per bambini W.I.S.C. (Wechsler Intelligence Scale for Children).

Questo test, ancora adesso punto di riferimento per la misurazione dell’intelligenza, consta di undici categorie di subtest, sei dei quali raggruppati in una scala verbale e cinque in una scala di performance.

Altri test (usati tantissimo ancora oggi), come il Test di Cattel e le Matrici di Raven, sono test intellettivi strutturati in modo da eliminare qualsiasi influenza culturale-verbale, basandosi unicamente sulle capacità logico-deduttive.

 
 
 
 
 

Ma quindi l’intelligenza è un’abilità specifica oppure è un’insieme di abilità?

Oltre alla tradizione iniziata d Binet e continuata da Wechsler, che avevano un’idea globale-unitaria dell’intelligenza, anche Spearman (1927) sosteneva l’esistenza di un unico fattore globale (o fattore g) che determinasse l’intelligenza.

Questa visione aveva varie pecche: non spiega cosa sia effettivamente l’intelligenza, ma si limita a darne una definizione statistica, non considerando abilità più specifiche.

 

Thurstone (1938) propone all’opposto una teoria multicomponenziale dell’intelligenza: il comportamento intelligente dipende da un insieme di abilità di base tra loro teoricamente indipendenti, etichettate come abilità specifiche che lui chiamò Abilità Mentali Primarie.

Con l’avvento delle nuove ricerche si è passati a una considerazione sempre più gerarchica e multifattoriale: sempre più ricercatori iniziarono a proporrei modelli variegati e composti da più livelli di abilità.

 

Autori come Cattel hanno proposto una suddivisione fra intelligenza “fluida” e “cristallizzata”. La componente fluida corrisponde alla disponibilità adattiva e modificativa di schemi logici (non legati quindi all’esperienza, alla cultura o alla conoscenza), quella cristallizzata corrisponde alla disponibilità e facilità d’uso ottimale di schemi incamerati (dipendenti invece proprio dalla conoscenza e dall’esperienza).

 

Sternberg (1985) propone tre forme fondamentali di intelligenza: – Intelligenza astratta (o analitica): corrisponde al «fattore g» tipicamente misurato dalle teorie unitarie; – Intelligenza pratica: abilità di adattarsi alle necessità quotidiane usando al momento opportuno conoscenze e abilità già apprese; – Intelligenza creativa: abilità di trovare soluzioni nuove e originali ai problemi. Una teoria diventata popolare è quella di Gardner (1993): anche per lui non c’è una sola «intelligenza», ma molte «intelligenze»: la Teoria delle Intelligenze Multiple.

Secondo Gardner infatti, esisterebbero 7 intelligenze:

  1. Musicale-ritmica e armonica

  2. Visuo-spaziale

  3. Verbale-linguistica

  4. Logico-matematica

  5. Corporeo-cinestesica

  6. Interpersonale

  7. Intrapersonale

In seguito ne aggiunse altre 3: Naturalistica, Esistenziale, Pedagogica.

Questo modello ricevette però numerose critiche (come del resto tutti i modelli multicomponenziali): non c’è univocità nel definire “quante” intelligenze ci siano, per non parlare della difficoltà nel misurare determinati tipi di intelligenza (come ad esempio l’intelligenza musicale).

 

Con l’avvento delle Teorie Cognitive, l’interesse si sposta dalle strutture generali dell’intelligenza alla componenti utilizzate nell’esecuzione di compiti minuziosamente analizzati, non più in termini di introspezione, ma attraverso le operazioni di codifica e di elaborazione dell’informazione, secondo un’impostazione modellistica.

Il cognitivismo permette la nascita delle cosiddette Teorie Gerarchiche dell’intelligenza, una sorta di via di mezzo, un compromesso tra le teorie unitarie e quelle multiple: si iniziò infatti a riconoscere l’importanza sia degli aspetti centrali/generali (che si trovano all’apice della piramide intellettiva) sia degli aspetti periferici/specifici dell’intelligenza (che si trovano al di sotto gerarchicamente).

 
 
 
 
 

Ad oggi, il modello gerarchico è quello più utilizzato, nonché quello più raccomandato dalla comunità scientifica al fine di rappresentare il concetto di intelligenza (basti pensare che tutti i moderni test di intelligenza si basano su questo modello).

 

Quindi, per chiunque si chiedesse cosa sia l’intelligenza, eccolo spiegato: l’intelligenza è quell’abilità generale di adattamento all’ambiente, intesa come capacità di risposta comportamentale risolutiva di eventuali problemi, definita più specificatamente da sotto-abilità contesto-specifiche.

Facile no?

 

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