
Cosa si intende per "Psicologia Digitale"?
Per Psicologia Digitale (digital psychology) si intendono tutte quelle nuove concezioni della disciplina psicologica, filtrate attraverso l’innovazione scientifica e tecnologica. Esempi di psicologia digitale possono essere considerati le esperienze meditative effettuate attraverso la realtà virtuale, le esperienze sensoriali immersive per il trattamento del dolore cronico, le interfacce neurali e i supporti digitali per favorire gli apprendimenti, e così via.
Attraverso la Psicologia Digitale sono possibili numerosissime applicazioni cliniche: si passa dal trattamento delle fobie al trattamento delle dipendenze, dalla presa in carico dei disturbi dell’apprendimento alle problematiche di tipo emotivo, fino ad arrivare agli utilizzi in campo sportivo e aziendale, ma le applicazioni sono pressoché infinite.
Il principale mezzo utilizzato per favorire Psicologia Digitale è quello della Realtà Aumentata. Attraverso strumenti tecnologici come visori, schermi, touchpad, sensori (e così via), si portano i soggetti verso un’esperienza immersiva che supera i limiti fisiologici dati dai 5 sensi. In poche parole, si promuove il contatto con una realtà diversa da quella esperita attraverso gli stimoli reali.
Ma, al di fuori del mercato clinico attuale, ci sono multinazionali che investono miliardi per l’implementazione di tecnologie all’avanguardia per la Psicologia Digitale: le Interfacce Neurali. Ad oggi, tale tecnologia esiste solo in laboratorio, ma non è detto che in futuro non possa essere messa a disposizione di tutti.
La realtà virtuale
La Realtà Virtuale è la forma più avanzata e complessa di Realtà Aumentata: nella realtà virtuale si cerca di traslare l’esperienza percettiva dal piano reale (mi scuso per il gioco di parole) a quello virtuale. Lo scopo, come sempre, è quello di permettere di percepire stimoli che altrimenti non sarebbe possibile percepire. La realtà virtuale è spesso sperimentata attraverso particolari visori che coinvolgono più specificatamente l’ambito visivo (che è quello più recettivo a tale traslazione reale-virtuale), ma possono essere coinvolti tutti i sensi. Di solito vengono utilizzati modelli interattivi in 3D che permettono il movimento e l’azione in un contesto.
Ma com’è possibile credere alla realtà virtuale? Come fa a causare degli effetti sul nostro corpo e la nostra mente, pur sapendo che niente di ciò che si vede è vero?
Beh, basti pensare a Matrix: “Vede, io so che questa bistecca non esiste. So che quando la infilerò in bocca Matrix suggerirà al mio cervello che è succosa e deliziosa.”
Proprio come dice Cypher in un dialogo con l’Agente Smith in Matrix, i nostri sensi suggeriscono al nostro cervello che l’esperienza c’è, pur sapendo che essa non sia reale. I neuroscienziati hanno paragonato questo effetto a quello della naturale cognizione: il cervello crea una rappresentazione della realtà sulla base dei 5 sensi. Ecco, in poche parole, fa lo stesso con la realtà virtuale, percependo però stimoli virtuali.
Poiché il nostro cervello tende a considerare reale l’esperienza ottenuta attraverso la realtà virtuale, è facile dedurre quanto ciò sia interessante per le eventuali applicazioni cliniche. Proprio da questo assunto nasce la Psicologia Virtuale.
Le evidenze
Numerosi studi neuroscientifici hanno dimostrato l’efficacia degli interventi di Psicologia Digitale nel trattamento di varie psicopatologie. Ad esempio, l’effetto terapeutico della realtà virtuale sembra essere connesso a 3 fattori fondamentali:
- La focalizzazione attentiva sull’esperienza virtuale che esenta dalla razionalità: il cervello sa che ciò che sperimenta è falso, ma i sensi percepiscono davvero. Questo permette un apprendimento che può essere generalizzato;
- L’esperienza immersiva unita al flow cognitivo (ovvero una sorta di profonda concentrazione nel fare quello che si sta facendo);
- Le esperienze di esposizione esperenziale: l’esposizione a stimoli avversivi è spesso evitata dai soggetti per paura delle conseguenze. L’ambiente virtuale permette di contattare le paure di esporsi e una relativa sicurezza data dal fatto che niente di ciò che si sperimenta è reale.
Le Interfacce Neurali
Negli ultimi anni sono state moltissime le aziende nate con lo scopo di diffondere questa pratica innovativa, fare ricerca e creare nuove esperienze immersive utili in ambito clinico. Non posso non segnalare il capofila nello studio delle interfacce neurali applicate: Neuralink del miliardario Elon Musk. L’azienda svolge i suoi esperimenti basandosi non sulla realtà virtuale, ma sull’impianto di microchip nel cervello, capaci di aumentare le capacità mentali umane, trasformando i segnali elettrici neurali in dati digitali. Lo scopo dichiarato è quello di curare malattie fino ad oggi incurabili o migliorare la qualità della vita. Tra i vari esperimenti, possiamo segnalare quelli che permettono di controllare eventuali arti meccanici, o quelli che permettono ad una scimmia di giocare a pong usando solo la mente, ma le applicazioni sono infinite. Musk infatti mira alla “simbiosi” tra uomo e intelligenza artificiale.
La realtà Italiana - Psicologia Aumentata
Anche l’Italia sta attraversando questa corrente innovativa, in particolare per quanto riguarda la realtà virtuale. Infatti, sono numerosissime le startup che lavorano implementando la tecnologia e la digitalizzazione nella pratica clinica della salute mentale. Tra queste vi è senz’altro BECOME, una startup innovativa (che ho avuto modo di conoscere personalmente al primo congresso europeo di psicologia digitale) che offre a terapeuti e pazienti numerosissime nuove possibilità di trattamento, a prescindere dall’approccio utilizzato. Il metodo è quello della Psicologia Aumentata: esperienze immersive di tipo metaforico. Attraverso uno storytelling, il soggetto vive un’esperienza profonda in realtà virtuale, che permette di contattare possibilità trasformative difficilmente ottenibili naturalmente.
Conclusioni
La Psicologia Aumentata e la digitalizzazione rappresentano la naturale evoluzione della psicologia clinica e delle pratiche di psicoterapia. Allo stesso tempo, tali pratiche hanno risvolti etici e morali importanti.
Ad esempio, Elon Musk ha dichiarato che, attraverso un microchip, sarebbe possibile curare la depressione “inibendo” i segnali neurali collegati al dolore e alla tristezza. Mi chiedo se questa sia la strada corretta da intraprendere. Giusto eliminare la sofferenza? Non è anch’essa parte della vita? Come si può crescere se gli eventi negativi non vengono affrontati?
Anche le realtà virtuali portano dietro numerose questioni etiche. Infatti, è importante sottolineare che la realtà virtuale non può e non deve mai sostituire la realtà. Lo stesso principio vale nella pratica psicologica: l’utilizzo delle tecnologie di realtà aumentata deve essere puramente integrativo, non sostitutivo, nell’ottica di trattamenti multicomponenziali e multifattoriali.