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Relational Frame Theory (RFT)

RFT Relational Frame Theory

La Relational Frame Theory o RFT

La Relational Frame Theory (o RFT) è una teoria, sviluppata da Hayes, Barnes e Roche nel 2001, che spiega il ruolo del linguaggio e della comunicazione umana nel definire i processi di pensiero e di ragionamento cognitivo più complessi. Questa teoria è anche la base per lo studio della psicopatologia e dei metodi di trattamento che prenderanno poi in nome di ACT (Acceptance and Commitment Therapy).

Si tratta di una teoria che fonda le sue basi empiriche sulla Scienza Comportamentale Contestuale, e risulta attualmente una delle teorie con maggiore supporto da parte della letteratura, con oltre 400 studi clinici randomizzati che ne dimostrano le basi.

Più nello specifico, tale teoria sostiene che anche le attività di pensiero e di ragionamento possano essere inserite nella categoria dei “comportamenti”. In questo caso, si parlerebbe di comportamenti verbali. Le attività di pensiero sarebbero quindi dei comportamenti verbali mediati linguisticamente, e come tali, sottostanno alle leggi tipiche del comportamento, come ad esempio il comportamento operante.

L’essere umano compirebbe continuamente relazioni tra eventi/stimoli. Queste relazioni possono essere di tipo non arbitrario (ovvero basati su aspetti formali, ad esempio la moneta da 50 centesimi è più grande di 1 euro) o di tipo arbitrario (basate su relazioni simboliche contestuali, 1 euro vale più di 50 centesimi).

Caratteristiche del CV

Il comportamento verbale, secondo l’RFT, avrebbe le seguenti 4 caratteristiche imprescindibili, che verrebbero apprese attraverso lo sviluppo e attraverso l’influenza della società:

  • Relazione: un soggetto può rispondere ad uno stimolo in modo specifico, ma può rispondere allo stesso modo anche ad un altro stimolo totalmente diverso, se questo è messo in relazione al primo. Se A=B e B=C, allora A=C. Questa è la più semplice forma relazionale (coordinamento), ma  ne esistono numerose altre (opposizione, distinzione, comparazione, gerarchiche, causali, spaziali, temporali, deittiche). 
  • Reciprocità: se A=B, allora B=A. Se questo a noi appare ovvio, non lo è per nessun’altra specie animale. Gli eventi vengono messi in relazione tra loro in maniera reciproca e, una volta che questa è stabilita, viene derivata anche l’opposta;
  • Contestualità: il comportamento verbale dipende dal contesto (in particolare dal contesto sociale), per tanto può essere mediato da concetti arbitrari. Ad esempio il denaro: percettivamente, 50 centesimi sono più grandi di 1 euro. Un bambino inizialmente può preferire i primi poiché si basa unicamente sugli stimoli percettivi. Successivamente però, l’ambiente sociale rinforzerà il concetto che 1 euro è “più” di 50 centesimi. Questa è una relazione derivata dal contesto;
  • Flessibilità: se prima il bambino usava 50 centesimi per comprare 5 caramelle, d’ora in poi preferirà usare 1 euro, visto che deriverà che ne potrà comprare un numero maggiore. Tale attività di ragionamento genera quindi ulteriori associazioni, in modo automatico, senza che ci sia bisogno di sperimentare realmente di andare a comprare 1 euro di caramelle.

Risposte Relazionali Derivate

L’uomo impara a costruire e a rispondere a relazioni fra stimoli, cioè a reti simboliche (Frame). Ciò aumenta la sua velocità di apprendimento. Le reti sono costruite in maniera arbitraria sulla base del contesto verbale di appartenenza. Nella rete possono entrare eventi e oggetti del contesto esterno ed eventi privati, comprese risposte emotivo-fisiologiche.

Le reti si attivano evocate da stimoli del contesto attuale e evocano risposte derivate (derived relational responding) in funzione della storia di rinforzo passata. Impariamo a reagire ad uno stimolo nuovo in funzione della rete simbolica in cui esso è inserito. 

Non rispondiamo solo all’evento, ma all’intera rete di significati in relazione all’evento.

Le relazioni tra stimoli riguardano anche la loro funzione (e qui arriviamo al clou della teoria). Ciò significa che se uno stimolo ha funzioni avversive, potranno assumere delle funzioni avversive anche gli stimoli ad esso correlati. Se per esempio veniamo a conoscenza del fatto che nel bosco in cui giocavamo da piccoli, ci sono dei serpenti a detta di tutti pericolosi, la relazione gerarchica appena stabilita tra bosco e serpenti, si traduce in una trasformazione delle funzioni dell’area boscosa. Dove prima, i boschi erano “belli” e “divertenti”, ora sono “pericolosi”.

Dalla teoria alla pratica

Quindi, secondo l’RFT, il linguaggio si basa sull’abilità (appresa socialmente) di mettere in relazione gli eventi in modo arbitrario, derivandone anche le funzioni. La psicopatologia deriva quindi da questi processi: quando deriviamo relazioni arbitrarie, lo facciamo anche con le nostre emozioni negative e i nostri pensieri. Ad esempio “sono sicuro che mi lascerà perché sono troppo ansioso”: questo pensiero, e le emozioni ad esso connesse, sono frutto di un ragionamento poco correlato alla realtà oggettiva e basato su derivazioni astratte e arbitrarie. 

Lo scopo della terapia sarà quello di promuovere una distanza critica da questo pensiero, contattando invece le contingenze “dirette” piuttosto che prendere alla lettera un proprio pensiero.

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